Siamo a Montefollonico, nella microatmosfera di un piccolo borgo in provincia di Siena. Qui la vita conserva un ritmo vicino al cuore della gente, ci si conosce tutti, si seguono nascite e morti, si chiamano le persone per nome, ci si vede alle sagre, alle processioni, alle feste di paese. Non rivelerò qui come l’evoluzione della storia consentirà alle protagoniste di riallacciare i fili delle proprie esistenze, di come Zoe supererà la perdita di Clara, di come Egle imparerà a stimarsi e Ave a ripartire da sé e Bice a credere nella sua capacità di essere madre. Dirò solo che insieme attraverseranno il dolore e lo lasceranno alle spalle. Perché questa è, a mio parere, la grande verità del romanzo di Massimo Tirinelli. Insieme si può. Insieme, che non è presenza continua, ma è la consapevolezza di potersi fidare o meglio di fare affidamento le une sulle altre. C’è una parola per definire questo stato d’animo. È compassione: quel sentimento di vicinanza alla sofferenza altrui che nulla chiede in cambio. Sarebbe bello se si tornasse a dare il giusto significato a questo vocabolo. Zoe, Egle, Ave e Bice ci riescono e ci dicono che dal buio si può riemergere con una nuova capacità di amare. Resta da chiarire chi è “La visitatrice dell’autunno”, ma lascio ai lettori il compito di scoprirlo. Dalla prefazione di Laura Pezzola
Segue aperitivo
Iscriviti alla newsletter