Lorenzo Poggi è un “giovane” poeta romano (ma tanto vecchio d’anni) esploso come un vulcano da troppo tempo dormiente: la lava dei suoi versi scorre ininterrottamente da cinque anni. È un flusso copioso che riflette la gioia, la voglia, la rabbia, la pena di fare poesia. È una febbre, un destino.
Anche in questa raccolta, coraggiosa sin dall’impertinenza grafica del titolo, Versi cor(ro)sivi, in Poggi si conferma la vena di un trovatore della realtà, la cui poesia è specchio di un tempus edax rerum. L’autore si riallaccia alla tradizione di una vis satirica graffiante che, dalla poesia classica, arriva sino ai grandi maudits della modernità. Poggi è attento ai fremiti dei sogni, “alle verità nascoste nei manici di zappa” e ritrova timbri lirici proprio in quella madia di memoria che è la vita attraversata dal cambiamento.
Ne parla Paolo Carlucci
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