Esistono parole non dette che si insinuano nei legami più solidi e da dentro, lente ma inesorabili, li corrodono, segreti taglienti che incidono il corpo delle cose e delle persone. Basterebbe pronunciarle, queste parole taciute, anche se il più delle volte non basta una vita intera per trovare il coraggio di dirle. Momenti in cui confessare le proprie pene, magari in lacrime tra le braccia di chi saprebbe comprenderle; è questo che Giulia avrebbe voluto dal padre dopo anni di abusi, aggravati dalla depressione della madre e dal bullismo a scuola. Avrebbe voluto che suo padre avesse avuto il coraggio di raccontare il proprio dolore e di far riaffiorare un male dalle radici troppo profonde per poter essere ignorato.
Flaminia Coniglio, come di fronte a un enorme puzzle, ricostruisce le esistenze dei suoi personaggi andando alla ricerca dei tasselli più difficili da posizionare, attraverso uno stile che scava a fondo nel tessuto narrativo alla ricerca delle parole non dette, per poi farle incontrare incastrandole tra loro con dolcezza.
Mangia con gli occhi racconta di una donna a cui il destino ha rubato tre dei cinque sensi: il gusto, l’olfatto e il tatto. Gran parte delle possibilità di gustare a pieno la vita sono svanite in una fredda mattina invernale. Dopo un percorso di indagini e una spietata sentenza definitiva, finalmente una cura. La bellezza è la cura che riesce a ridare motivazione e nuova vita. In particolare, i colori della natura e dei suoi frutti, doni preziosi per la cucina, sono stati una terapia efficace per dare alla protagonista il piacere di sentire e godere della vita come tutti gli altri. La mancanza dei profumi viene compensata con l’estetica dei piatti, con la forma e i colori delle stoviglie e del contesto. Nel libro sono descritti i sentimenti di paura, rabbia e amore di una donna che dopo aver vissuto la sensazione di un’edera a cui crolla il muro su cui è cresciuta, riapre lo scrigno dei sentimenti. Come scavare nella propria vita e lentamente entrare nel vivo di una buca da liberare dai sassi e trasformare il vuoto in un nido in cui rivivere le ataviche sensazioni vitali. Come cucinare degli spaghetti e avere cura di avvolgerli in un groviglio che si eleva al centro del piatto, per osservare la complessità dei tornanti che genera e poi ingerire la bellezza per nutrirsi completamente.
21 – 28 aprile: “Digital face” Esposizione artistica di Elisa Viglianese. I ritratti sono realizzati con la tecnica del digital painting in riferimento ad una composizione presa a modello. Fondamentali gli studi della luce e del colore e la caratterizzazione anatomica della pittura tradizionale.
28 aprile – 5 maggio 2017: “Once upon a time” Esposizione artistica di Elisa Viglianese. Le illustrazioni sono realizzate con tecnica mista, fondendo la matita tradizionale con il pennello digitale. Un contesto contemporaneo dall’anima magica della tradizione popolare.
Decimo piano, interno quattro di Mario Abbati è un romanzo coinvolgente in cui si susseguono e intrecciano sapientemente diversi generi narrativi, dal surreale al noir, dal realismo psicologico al distopico; come i diversi piani di un edificio l’autore riesce a mettere insieme architettonicamente i tasselli di una società ormai ripiegata su se stessa e molto vicina paradossalmente al totalitarismo del Grande Fratello orwelliano. Il protagonista è Aleandro Martinez, un trentacinquenne insofferente della propria vita, del lavoro e delle relazioni sociali, e proprio per questo improvvisamente decide di tagliare i ponti col passato andando ad abitare nell’appartamento di Barbara, una vecchia amica d’infanzia, costretta a trasferirsi dalla madre malata. Il nuovo domicilio, con le sue geometrie perfette e un alone permanente di quiete atavica, sembra il posto ideale perché Aleandro possa ritrovare se stesso, ma ben presto personaggi surreali e meccanismi perversi del condominio s’imporranno ai suoi occhi costringendolo a rinunciare ai punti fermi della sua vita mediocre per cadere in un vortice dove realtà e fiction televisiva si contagiano a vicenda.