Il dato di fatto ineluttabile, che la Silloge di Ester mette in rilievo, è che non è possibile realizzare il destino di Poeti, se non scendendo nelle parti più profonde di se stessi, anche a costo di incontrare le fiamme dell’inferno, di quell’inferno senza il quale è impossibile tornare ‘a riveder le stelle’…
Il magnifico prefatore, il Professor Nazario Pardini, analizza da autentico critico letterario l’Opera di Ester Cecere, io mi fermo a leggerla, la vivo mentre si dona in versi, intimisti ,- non intimi – , e universali al tempo stesso, in levare in ogni sua lirica, ispirata nel trovare versi ritmici, di sillabe prevalentemente dispari e quindi idonee alle scelte poetiche classiche, anche se non ancorate alla fissità della metrica pura.
Io mi fermo ad ammirarla, resto ancora e sempre stupita dal suo coraggio di essere donna, biologa, madre, figlia, moglie, in una Raccolta che, come la precedente, “Come foglie in autunno”, si può leggere come un romanzo.
E desidero applaudirla, nel silenzio ovattato della stanza, per il suo testo di rara forza nel quale crepita la luce ampia, esorbitante, misteriosa della femminilità.
Maria Rizzi